ERA CAMMARATA GIOVANNI – L’ARTISTA DI MAREGROSSO

Avevo deciso di non scrivere nulla della storia del Cavaliere Giovanni Cammarata e di quella che hanno infelicemente chiamato la “Casa del Puparo”. L’interesse di ragazzi come Mariaceleste Arena mi ha in qualche modo responsabilizzato, non potevo non affrontare questa vicenda, che rappresenta ancora una ferita aperta per me e per la città di Messina. Questo è un giorno di gioia e dolore, di rimpianti e di speranza.

Oggi ho l’opportunità di unire attraverso un ritratto i sogni di giovani e vecchi. Questo punto d’incontro me lo fornisce proprio la creatività di Mariaceleste Arena, che ha realizzato – dopo uno scambio di riflessioni sull’argomento – questi straordinari ritratti-rappresentazioni dello scomparso Cavaliere Giovanni Cammarata. Prossimamente questo lavoro diventerà anche un dipinto su tela da lei realizzato.

Inutile trovare scuse… siamo tutti colpevoli! A Messina siamo tutti moralmente in debito con il cavaliere Cammarata. Per decenni abbiamo reso invisibile la vita di quest’uomo, ciechi e incapaci di vedere cosa stava costruendo, incoscienti della complessità dell’opera e del messaggio che un ex muratore stava realizzando attraverso un infinito delirio creativo, il frutto di una silenziosa protesta contro l’abbandono e i soprusi del più forte.

“Quello è menzu pacciu” – mi dicevano –; oppure semplicemente “quella è la casa del puparo”. Ancora ragazzo con la mia vespetta ci passavo davanti spesso a quel luogo strano. Seppur terribilmente affascinato non capivo quello che vedevo nella casa di Cammarata… non potevo capire perché vicino a delle baracche e in una zona abbandonata c’era questo edificio strano, incantato. Non capivo, non avevo le basi, vedevo solo che tra baracche e degrado spiccava un edificio colorato, con sculture e mosaici stranissimi, in mano a quello che definivano un mezzo pazzo. Io ero abituato a vedere le baracche, c’ero cresciuto tra quelle di Fondo Fucile, di Maregrosso e le casette di Gazzi… paradossalmente ero più abituato a vedere baracche che a vedere bellezza ed espressione artistica. Per molti anni ho pensato che quella di Cammarata fosse davvero la vecchia sede di un teatro dei pupi in disuso e che comunque si dovesse avere timore ad avvicinarsi a quel luogo e a quella persona.

Questa è la verità, non siamo riusciti a capire quello che accadeva sotto i nostri occhi, non avevamo la sensibilità e le basi per poter capire qualcosa al quale non eravamo stati preparati… né dalla scuola, né dalle famiglie, né dalla strada, né dalla sensibilità sociale di quegli anni fatti di progresso e cemento… in cui gioivamo di cose semplici che sapevano di mare, granite ca’ panna e limonate al sale in nottate di vento di scirocco. Ciò che non si poteva definire con chiarezza diventava automaticamente follia; l’arte era roba per pochi eletti, doveva manifestarsi nei musei o esposta e venduta nelle mostre dell’élite. Non si poteva trovare arte all’interno di un recinto e di una casa tra le baracche di un quartiere degradato, per giunta create da uno senza scuole e studi artistici, o simpatie importanti alle spalle. Un uomo schiacciato economicamente da una grande realtà imprenditoriale della città, che ha risposto con la creatività, scegliendo la libertà dell’espressione artistica. Un muratore che ha dimostrato di saper creare voli di fantasia e racconti di bellezza… dimostrando che anche una baracca può diventare un castello.

Non proviamoci nemmeno a dare la responsabilità alle persone che vivevano in quel quartiere; non proviamoci nemmeno a pensare che chi era costretto ancora a vivere nelle baracche e a tirare la giornata, spesso con espedienti, abbia avuto alcuna responsabilità… erano anche loro parte lesa di quel silenzio su Cammarata e su quel luogo.

Quello non solo era un luogo dimenticato ma era soprattutto un luogo da dimenticare, meglio non parlarne, doveva essere un mondo invisibile… invisibile come Cammarata, invisibile come il mare… eppure là c’erano sia un artista con il suo museo a cielo aperto sia il mare a due passi – entrambi negati alla zona sud della città di Messina –.

Mi viene da piangere mentre scrivo, mi sembra di risentire l’urlo di Cammarata nel video “Non rompete le opere di notte”: chiedeva aiuto contro l’abbandono, contro i topi e i figghiulazzi che la notte assalivano lui e le sue creazioni. Ma non si rassegnava, andava avanti a creare e creare, realizzando mosaici con sassi e vetri di bottiglie rotte (spesso gli stessi lanciati contro la sua casa), un piccolo parco rivolto ai bambini, sculture di ogni tipo, murales, dipinti e continuava con l’infinita fantasia del riciclo, che solo uno che aveva visto guerre, campi di concentramento e ristrettezze poteva avere. Non cercava la coerenza, lui nella libertà assoluta passava da Biancaneve a una Madonna, da un elefante a un guerriero, da una tartaruga a un cavaliere, da animali vari a personaggi mitologici… e chissà quanto altro ancora non abbiamo neanche visto. Era però consapevole, tutto quello che aveva creato in quarant’anni lo chiamava “beni culturali”. I vandali nella notte rompevano le sue opere e lui, ancora fiducioso nel prossimo, disperatamente li pregava di non farlo con una scritta su un muro… ma nello stesso tempo accusava che le distruzioni venivano effettuate per ordine di qualcuno, perché in quel luogo era scomodo Cammarata. Quello che però forse non avrebbe mai immaginato è che dopo la sua morte sarebbero state delle ruspe, agli ordini di gente istruita e benestante, a tentare di cancellarne la memoria, semplicemente per un paio di posti auto in più dell’ennesimo ipermercato.

Dov’erano quelli che avevano le basi per capire, le amministrazioni locali, quelli che avevano la responsabilità di dover capire, dov’erano… dov’eravamo tutti?

Dov’era anche tutto il mondo artistico che conta di Messina dagli anni 70 fino agli anni 90… decenni di vuoto anche da quelli che potevano capire… impegnati troppo spesso in quello che più che un movimento artistico avverto come un movimento politico, che prende aria a secondo dell’orientamento del momento. Per fortuna ad un certo punto sono arrivati quelli di “Machine Work”, Mosè Previti, “Zonacammarata”, Pier Paolo Zampieri, qualche sensibilità straniera, una nuova coscienza giovanile… a loro Cammarata anche da morto ha restituito tanto, seppur in gratificazioni immateriali. Ma per salvare il suo castello incantato purtroppo non è bastato…

Per tutto questo avevo deciso di non scrivere di Giovanni Cammarata e del poco rimasto della sua baracca trasformata in castello, un muro che è rimasto là come se fosse il suo ultimo murales, un luogo che ancora oggi non ha degna protezione, cura e valorizzazione. Ma io oggi gioisco per Cammarata… gioisco per un uomo libero! Gioisco attraverso l’opera della giovane Mariaceleste Arena. Oggi siamo qui per dire “non ti abbiamo cancellato Giovanni Cammarata, ti chiediamo scusa e perdono Giovanni Cammarata, adesso “vediamo” tutto – anche quello che non c’è più –, abbiamo capito quello che hai tentato di trasmetterci”. Troppo tardi lo so…

Il sogno di Cammarata in parte rivive anche là, nel quartiere di Maregrosso, in quella che aveva autonomamente intitolato come la “Via delle belle arti”. In qualche modo il suo messaggio continua a vivere non solo nei pochi resti della sua casa museo, ma anche nei murales realizzati in occasione di eventi annuali e nella bellissima realtà di Lischi 2000 di Linda Schipani. In fondo a pensarci bene in quel luogo il sogno sta continuando anche attraverso loro, che con competenza e nuova consapevolezza hanno trasformato una piccola industria e i suoi scarti in oggetti artistici e d’arredamento; hanno avviato un laboratorio d’arte, c’è una factory creativa, c’è una coscienza nuova insomma. Di “Lischi 2000” e di Linda Schipani però vi parlerò dettagliatamente in futuro, dopo un’approfondita visita nel loro mondo.

In quel luogo però tutto è partito dalla follia creativa di un ex muratore. Oggi è il giorno del cavaliere Giovanni Cammarata e di Mariaceleste Arena… un vecchio muratore-artista che purtroppo non c’è più, e una giovane artista che si sta ricercando, che vive camminando su un filo creativo che la porta continuamente dentro strade ed emozioni diverse tra loro. Lei mi ha fornito le foto e lei mi ha riportato con l’entusiasmo dei suoi ritratti alla responsabilità di parlare di questa storia per me dolorosa.

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Mariaceleste è nata a Messina nel 1993, una passione per il disegno nato sin da bambina e poi gli studi, prima all’istituto d’arte e poi all’accademia delle belle arti.

Avvicinandomi al suo mondo creativo sono rimasto un po’ confuso… mi sfuggiva qualcosa, non riuscivo a trovare una linea precisa che mi facesse dire “l’artista Mariaceleste è questo o quello”. Più guardavo e più mi confondevo, ma nello stesso tempo percepivo qualcosa di particolare, una sensibilità diversa… quella che piace tanto a Racconto di Sicilia. Mi rendevo conto della grandissima quantità e varietà di creazioni, della sua moderna dinamicità artistica in cui passa dalla matita alla tela, dal pennello alla tavoletta grafica, dai colori ad olio fino all’elaborazione 3d. Così osservando le sue opere un giorno mi provocava una risata con “sushi blatta”, un altro da messinese adoravo le genialate come “Una granita da Dio” (ispirata dall’incontro tra la “mano di Dio di Michelangelo e quell’altro capolavoro d’arte che è una granita con panna), oppure “L’urlo dello Stretto”, che probabilmente richiama la disperazione del messinese; altre volte ne apprezzavo la complessità del suo Arcimboldo e l’essenza che è riuscita a cogliere in alcuni ritratti, primo fra tutti quello della straordinaria poetessa dialettale Maria Costa (altro gioiello della città da rivalutare). Questa ragazza mi ha confuso anche con effetti particolari frutto della modernità e con un po’ di horror art e creppy art, portandomi infine a scontrarmi persino con i suoi fantasmi: i suoi autoritratti, i suoi incubi fatti anche di sangue e scarafaggi… ma gli incubi sono incubi. Mi ha confuso Mariaceleste Arena, con questi occhi scuri scuri e le sopracciglia che spiccano… un viso malinconico, lo stesso viso che continua a martoriare nei suoi incubi e nei suoi dipinti. Più passano i giorni, più conosco le sue creazioni, il suo pensiero, i suoi ideali e più ne intuisco la ricerca e la capisco. Adoro questa mescolanza tra immaginazione e realtà, oppure la drammaticità delle sue emozioni e delle sue paure. Si capisce che le piace sperimentare diverse tecniche e materiali, che la sua è una ricerca infinita e un’evoluzione continua del proprio modo di esprimersi. Ho apprezzato molto anche la sua attenzione al territorio, a ciò che si agita intorno a lei. Ha lasciato un suo piccolo segno anche a Borgo Cannistrà, altro luogo di sogni e persone straordinarie come Tonino Privitera.

Mariaceleste non si è avvicinata alla storia di Cammarata per caso… lei è fermamente convinta (parole sue) che “l’arte vera debba anche dare una interpretazione della società in cui viviamo e non esserne distaccata. L’arte è nata anche per dare un messaggio, per smuovere le coscienze, non solo per abbellire le pareti di una casa”.

Oggi io il messaggio dell’arte di Mariaceleste l’ho recepito, con il suo straordinario ritratto ha smosso la mia coscienza e mi ha messo di fronte anche alle mie colpe… per non aver capito. Questa ragazza mi ha dato questa possibilità, di collegare quello che è stato il mondo e il sogno del Cavaliere Giovanni Cammarata a qualcosa di attuale.

Oggi io incoraggio Mariaceleste a continuare nella sua ricerca artistica e personale, a trovare la piena realizzazione dell’artista e della persona… che secondo me si trova proprio nelle sue rappresentazioni che hanno al centro la città di Messina e i suoi “personaggi”. Questa volta ho voluto capire, questa volta oltre l’urlo di Cammarata ho sentito l’urlo dello Stretto di Mariaceleste Arena… non lo sentite anche voi!?

p.s.  Sono felice anche di segnalare che nel 2013 L’ Istituto Comprensivo n. 7 Enzo Drago , aderendo al progetto nazionale “La scuola adotta un monumento”, ha “adottato” proprio Casa Cammarata. Contribuendo così nel promuovere anche tra i più giovani l’idea di trasformare Maregrosso nella “via delle Belle Arti” e nel sogno di riappropriarsi del mare negato per troppo tempo.

6 commenti Aggiungi il tuo

  1. Heritage Sicily ha detto:

    Bellissimo articolo. Grazie per avermi fatto conoscere il cavaliere Cammarata! Bello anche I ritratti di Mariaceleste Arena e tutti gli altri lavori. La storia di Cammarata mi ha commosso davvero 🙏

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    1. raccontodisicilia ha detto:

      Grazie, ne sono felice! La speranza è che non si ripetano gli stessi errori… p.s. seguo con molto interesse i vostri articoli sulla Sicilia

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      1. Heritage Sicily ha detto:

        Grazie mille tentiamo di divulgare la conoscenza del nostro patrimonio culturale

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  2. forse a Cammarata gliene fregava un cazzo delle cose che dici, forse stava bene così

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    1. raccontodisicilia ha detto:

      le cose che dico non sono poi molto importanti e avrebbe avuto tutti i motivi per fregarsene, ma so per certo che non stava bene così.

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  3. Ormai è morto, solo lui avrebbe potuto dire com’era veramente, forse diversamente non avrebbe fatto quello che ha fatto, casi così ce ne sono tanti e non solo in Sicilia, forse ti dispiace per l’arretratezza culturale dei siciliani, l’ignoranza e la superstizione ecc. ma anche questo non è solo in Sicilia, c’è tutto un sistema che vede male gli artisti, soprattutto quelli che provengono dal popolo perchè mette in discussione le loro pretese di superiorità sociale. ne so qualcosa, immagino che da quelle parti ci devono essere molti anziani col sacchetto di medicine ed i dottori sono molto considerati..e anche questo non è solo in Sicilia.

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