Valle del Belìce – L’accento sulla Bellezza

Sono arrivato nella Valle del Belìce… finalmente!

Volevo vedere se davvero i vigneti nei dintorni di Porto Palo s’adagiano come asciugamani sulla sabbia, inoltrandosi fino alla meravigliosa spiaggia dorata dove commerciavano i Fenici; volevo percorrere l’antica via delle Terre Sicane, dove i vigneti discendono festosi dalle colline, fino ad accarezzare di sfumature il Lago Arancio.

Soggiornare nelle dimore di fine 800 di Menfi – come Dimora Siqu – è esperienza che ogni viaggiatore dovrebbe provare! Godere della sensazione di varcarne il portone d’ingresso, per ritrovarsi in piccole corti sovrastate da maestosi bouganville vecchi almeno cent’anni, è una festa. Dimore che dal pavimento al soffitto parlano di Sicilia e che dell’atmosfera e del dettaglio ne fanno questione di principio; la loro anima è rappresentata dalle persone che l’accoglienza l’hanno insita in sé e t’accompagnano con orgoglio e calore. Delizie e sapori sono di casa, le ricette di famiglia nascono spesso dall’abbraccio tra terra e mare. L’immancabile abbinamento con i vini locali sarà il lasciapassare verso attimi di spensieratezza e allegria – ampia la possibilità di scelta sotto la bouganville di Maharia –. Vini e produttori più o meno famosi (vedi Planeta, Settesoli e Mandrarossa), si contendono l’attenzione con chi del produrre vini bio e biodinamici, naturali e ancestrali ne ha fatto una scelta di vita, come Marilena Barbera e la sua piccola cantina.

Una ricetta segreta è il testamento prezioso tramandato da padre in figli che segnerà la storia di una famiglia. La ricetta è quella del “pezzo duro”, un gelato monoporzione che la Birreria Italia 1926 propone con fierezza da cinquant’anni. All’assaggio, effettivamente, la consistenza e il sapore ti portano nel mondo dei ricordi, richiamando la sensazione provata in estati felici vissute molti anni fa. Due gusti: Torrone e Amarena. Due gratificanti esperienze da provare.   

Proseguendo oltre “l’Arancio” sono arrivato sulla rocca di Zabut e mi sono fermato davanti alla scritta: “Sambuca di Sicilia – borgo più bello d’Italia 2016“. Giunto in centro, un lungo Corso tutto in salita (o in discesa) si mostrerà come percorso splendente che gioca sull’armonia tra le testimonianze antiche e l’arte moderna. Attendevo da decenni di assaggiare le Minni di Virgini di Sambuca… e mai minni mi sono sembrate più buone! Un capolavoro della pasticceria siciliana che – giustamente – qui sfoggiano come trofeo e propongono appena sfornato a gran vanto. A Sambuca sanno come valorizzare la propria cittadina, il primo biglietto da visita è la cordialità. Città circondata da un territorio meraviglioso. Luogo dove ritornare per dedicarne il tempo che merita.  

A tratti l’ho perso… lo sguardo! Come nell’immenso parco archeologico Selinuntino, con ettari ed ettari tappezzati di colonne dirute e di templi lucenti, che seppur martoriati e quasi completamente distrutti creano ancora un connubio indissolubile tra storia e natura. Emergono quei resti sacri tra agavi e fichi d’india e sovrastano le candide spiagge del Belìce, perennemente alimentate dalla foce dei fiumi che si tuffano festosi nel Mar Mediterraneo. Selinunte, ebbene sì, dopo millenni conquista ancora.

L’Efebo di Selinunte è tornato a casa a Castelvetrano; l’odore di pane nero, del resto, è irresistibile da sempre. La fontana verticale della Ninfa chiude allo sguardo il dialogo tra palazzi antichi e chiese, che si fronteggiano e susseguono nella bella Piazza Umberto I. Anche qui tanta cordialità ricevuta, dal panificio storico al museo archeologico. L’aria si è schiarita sulla “cappa pesante” che ha segnato questo luogo… I giovani devono reimpossessarsi del proprio paese con orgoglio, solo loro possono cercare di valorizzarne appieno il bello e il buono che possiede, ma hanno bisogno di riferimenti positivi che li stimolino… e allora Castelvetrano potrà essere splendente!  

Caltabellotta va conquistata attraverso una strada tortuosa che sale dal livello del mare e conduce ai suoi 900 metri e passa d’altitudine. Non correte però per arrivarvi, godetevi piuttosto i cambiamenti del territorio e del clima, e potreste anche incontrare un piccolo gregge di caprette girgentane che tornano a casa dopo aver pascolato felici. Arrivati a Caltabellotta vi attenderà il chiaro e lo scuro, la grotta del bene e quella del male; la rupe calcarea che la sovrasta e la vista mare. Dedalo trovò riparo da queste parti e il Santo Pellegrino liberò l’antica Triokala dal drago. Sarà vero che qui è nascosto da qualche parte anche il Santo Graal? Io l’ho trovato nelle sculture del maestro Rizzuti, basta osservarle nel loro insieme e molto vi sarà raccontato di Caltabellotta, delle sue atmosfere, del buio, della luce. Percorrete il cammino fino all’interno della Chiesa Madre e vi sembrerà di vivere atmosfere da “Il nome della Rosa”. Affacciatevi sulla vallata alle spalle della chiesa; poi lateralmente, sui tetti spioventi del paese, e ancora più in là – eccolo – sul liberatorio mare sgargiante. A quel punto anche nel vostro cuore sarete pronti a siglare la definitiva “Pace di Caltabellotta”.      

Il mare sotto Sciacca ha un colore energizzante. Città di pescherecci e ceramiche, di piccoli gamberi rosa e teste di moro, di tabisca saccense e ova murrina (che purtroppo pur girando cinque pasticcerie-tavola calda di giorno non ho potuto provare). A vedere chiuso il vecchio edificio termale che sporge su un belvedere spettacolare viene più che qualche rimpianto. Ma anche Sciacca è luogo di contraddizioni e certamente offrirà al visitatore quel saliscendi di sensazioni tipico di questa terra. Non a caso “Filippo di li testi” decise d’isolarsi e costruirsi un proprio regno nel terreno di proprietà – oggi ribattezzato “Il castello Incantato” –.

Che viaggio pieno di letizia – e delizia – nelle città e nei paesi del Belìce… hanno cento – forse mille – cortili e vicoli, nascondono piccole casbah, spesso sfoggiano meravigliose chiese barocche e aprono il cuore sui vigneti o sul Mediterraneo. Vi è ancora tanto da vedere e da approfondire…

I media nazionali ne spostarono l’accento sul suo nome all’indomani della sciagura che la colpì, rischiando di cancellare anche ciò che la forza della natura aveva risparmiato. Oggi la Valle del Belìce si è ripresa la propria memoria, facendo parlare sempre più di sé per una serie di meraviglie e di eccellenze eno-gastronomiche che caratterizzano un contesto naturale già speciale di suo.

Oggi la Valle del Belìce l’accento l’ha messo sulla bellezza.

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