Carla Luvarà mi ha donato un libro incredibile di Lino Soraci, sapendo già di farmi felice: trasferendomi qualcosa di Lino era certa di lanciarmi un’altra corda alla quale aggrapparmi, nel mio eterno tentativo di non andare alla deriva, ‘nturciunato su me stesso tra le correnti dello Stretto di Messina.
Lino Soraci apre “Nascita della Sicilia” – una narrazione in endecassillabi sciolti e a rima sparsa – così:
Si cunta e s’arricunta da millanni
c’’a Terra di lla zagara e i ll’aranci
nasciu da ‘nu priziusu gran diamanti
pusatu da lu Patri ‘n menzu o mari
P’arricriari ‘a razza di ll’umani.
Il riferimento è alla poesia popolare che racconta che la Sicilia nasce da un prezioso grande diamante, che il Padre Eterno ha deciso di posare in mezzo al mare per dare “arricriamento” alla razza umana.
Così come nella leggenda – anche nella narrazione poetica di Lino – si parla anche di una ragazza libanese di nome Sicilia, che costretta prima dei sedici anni a lasciare il proprio regno, dopo tre mesi di navigazione alla deriva su una barchetta, ritroverà felicità e amore proprio approdando nella nostra Isola, e ripopolandola dopo una terribile peste – e da lì il nome Sicilia dato per riconoscenza –.
Lino Soraci con “Nascita e nome della Sicilia” traccia un percorso ben definito, riuscendo a coniugare magicamente poesia e racconto, e restituendoci una serie di informazioni storiche e leggendarie preziose – che ogni siciliano dovrebbe leggere e conoscere –. Un cammino in cui Lino si inoltra ancor di più nella narrazione “La Lingua Siciliana”: che è un’altra “pietra” di conoscenza, consegnataci però attraverso la carezza della “vena” emozionale della poesia.
Lino Soraci esordisce con l’immancabile “Si cunta e s’arricunta” – titolo del suo libro –, che sono le parole imprescindibili che da secoli segnano l’inizio di ogni racconto di Sicilia: così esordiva il vecchio seduto sul bisolo in pietra di una casa eoliana o su una sedia in paglia in mezzo la campagna di Girgenti, sugli scalini di una chiesa di un Borgo dei Nebrodi o tra i banchi dei mercati di Palermo, in un giardino d’agrumi alle falde dell’Etna o tra gli ulivi secolari Iblei; così esordiva sempre il cuntastorie e lo scrittore di favelle siciliane.
– il racconto completo sarà disponibile in una prossima pubblicazione cartacea e in un video-racconto –